Calcio e Ristorazione possono essere messi in parallelo? Secondo me si, e se avrete voglia di leggere tutto fino in fondo, potrete dire se ho ragione o meno. Ma prima è necessario un preambolo.
Mai come negli ultimi anni il cibo e la ristorazione sono stati al centro dell’interesse popolare. Certo, mangiare e farlo bene, è da sempre importante per tutti in ogni parte del mondo, ma l’avvento del bio, i numerosi programmi televisivi e poi il lockdown dovuto al Covid, hanno ancora di più avvicinato le persone al cibo e a tutta la filiera della ristorazione.
E quindi perchè non farlo anche io? Perchè non parlare di cibo? Non sono un esperto e a parte poter decidere cosa mi piace e cosa no, non mi sento di poter parlare di questo argomento, ma credo di poter fare un ragionamento sensato collegando alcuni elementi basilari della ristorazione al gioco del calcio.
Nel calcio e nella ristorazione il risultato non è la sola somma dei fattori
Una squadra di calcio non esprime l’esatto valore dei suoi singoli giocatori ma può risultare migliore o peggiore. Questo avviene perchè il risultato finale, non è la matematica somma degli elementi chiamati in causa: non è bastevole avere dei giocatori validi, per avere una squadra vincente. Anche se certamente aiuta parecchio.
Per lo stesso motivo, non basta avere dei prodotti di qualità per creare un piatto all’altezza. Si possono benissimo infatti rovinare questi prodotti sbagliando accoppiamenti, cottura o altro.
La storia del calcio è piena di squadre che non raccolgono quanto seminato, o che raccolgano molto di più. E continueranno a esserci per sempre. Allo stesso modo ci saranno sempre piatti cosiddetti poveri che daranno sempre soddisfazione e piatti raffinati che deluderanno. E’ inevitabile.
Oltre alla fortuna la competenza è alla base di calcio e ristorazione (e non solo)
Non sempre la (s)fortuna, con o senza la esse iniziale, è alla base delle annate (s)fortunate, molto spesso ci sono motivazioni di fondo. Ad esempio, ogni giocatore interpreta il proprio ruolo in modo personale e quindi quindi non tutti i moduli e i compagni si sposano perfettamente col loro modo di giocare.
Stesso procedimento avviene nella ristorazione, non tutti gli ingredienti, per quanto di qualità, si sposano con gli altri. Possiamo quindi azzardare un parallelismo tra la società calcistica e il ristorante.
Calcio e ristorazione: quali sono i ruoli di presidente, staff e giocatori?
A Bologna è capitato di sentire parlare di calcio Champagne e poi più avanti nel tempo dgenericamente di “vino”, per fare un chiaro riferimento ai fasti del calcio di Gigi Maifredi, tenendo però i piedi per terra. Da allora, lentamente mi è cresciuto nella mente questo parallelo. Quali ruoli della ristorazione potremmo consegnare ai differenti personaggi di una squadra di calcio? Io mi sono dato la risposta seguente.
- Il Presidente, quale proprietario del locale, mette i soldi e decide gli standard del proprio locale. Obiettivi, clientela eccetera.
- Il Direttore Sportivo, è una figura che cercherà di fare rispettare gli standard e gli obiettivi del locale, arredandolo e facendo la spesa nel modo migliore. Chiaramente, dovendo rispettare anche un budget economico oltre che le aspettative del Presidente.
- L’Allenatore, col proprio staff, cucina le pietanze per far funzionare bene il locale e le serve ai clienti, che potremmo dire essere i tifosi.
- I Giocatori, in questo caso, si devono adattare ad essere semplicemente gli ingredienti delle varie pietanze.
Certo, siamo in un mondo immaginario, i giocatori hanno in realtà un peso enorme rispetto agli ingredienti, perchè potrebbero decidere di non rendere al meglio, ma poniamoci nella casistica migliore. Diamo per scontato che non esistano né malafede né cali improvvisi di rendimento a causa di problemi personali.
Calcio e ristorazione: come funziona il parallelismo?
Eccoci quindi al ragionamento in sé. Cosa deve fare ognuno degli attori chiamati in causa per far funzionare una società? O meglio, come tentare di gestire il nostro ristorante?
Il padrone del locale, il Presidente, dovrà saper rendere interessante il locale per gli avventori anche con il giusto marketing e la giusta direzione del marchio, fornendo fondi adeguati in base ai propri standard e necessità, a chi è preposto ad andare a fare “la spesa”. Non si possono pretendere piatti “stellati” con materie scadenti, ma soprattutto si deve circondare di persone preparate e competenti, oppure il ristorante è destinato a fallire.
La persona che va al mercato, Il Direttore Sportivo, dovrà saper ottenere il massimo dai soldi che gli vengono forniti accaparrandosi i prodotti migliori al minor prezzo. Dovrà anche avere la capacità di capire cosa è realmente fresco e cosa no e cosa sia effettivamente un affare e cosa no. Ma non basta, perchè la spesa dovrà essere fatta tenendo conto del tipo di menù che verrà poi servito nel ristorante. Inutile comprare il miglior filetto di manzo se il menù ha solo piatti vegetariani.
Ora tutto passa nelle mani del cuoco, che sono l’Allenatore e il suo staff. Questi devono creare un menù consono alle aspettative del Presidente, ma anche della clientela. E per farlo devono saper unire i giusti ingrendienti nel modo più sapiente possibile. Non basta un buon prodotto, bisogna anche saperlo cucinare nel modo migliore, impiattare in modo consono e servirlo in un certo adeguato alla clientela. Il cui gusto può variare da locale a locale.
Un passo indietro, tornando alla realtà di calcio e ristorazione
Il nostro parallelismo potrebbe sembrare molto forzato perchè in effetti spesso un cuoco è anche colui il quale è incaricato di fare la spesa. In effetti in Inghilterra, dove il concetto del Manager è un po’ differente da quello dell’allenatore italiano, non siamo molto lontani dal vero. Eppure, anche in questi casi non mancano cantonate.
Ad esempio, se si volessero servire dei tagliolini al tartufo e non avendo trovato questa tuberacea al mercato dovesse utilizzare solo olio tartufato, il risultato potrebbe non essere consono allo standard del locale. E creare un problema non indifferente. Così come non basterebbe aver trovato solo cibi di prima scelta, se poi non esista una ricetta che il cuoco sappia eseguire tenendo conto di quei tipi di prodotti.
Tornando al calcio, se noi avessimo avuto a disposizione Christian Vieri, Filippo Inzaghi ed Hernan Crespo ed avessimo voluto schierare un 4-2-3-1 o un 4-3-3 (che tanto sono andati di moda tra il 2010 e il 2022), pur avendo a disposizione degli attaccanti di razza, non avremmo comunque due esterni efficaci nel nostro modulo.
Il calciatore è più di un ingrediente
Torniamo poi al problema citato in precedenza. Il calciatore è una persona e non un ingrediente. Non basta acquistare un giocatore forte per essere certi che renderà il massimo nella propria squadra. Un buon ristorante deve anche saper conservare nel modo appropriato i propri ingredienti per non farli deperire. Alcuni devono stare in posti freddi e/o secchi, altri risentono delle stagionalità, eccetera.
Il calciatore ha una propriapersonalità, interpreta il ruolo nel suo modo e deve integrarsi non solo con i compagni, ma anche con l’ambiente e con lo staff. Altrimenti l’ingrediente potrebbe risultare adulterato. E una volta ceduto dopo un brutto periodo, potrebbe tornare a giocare bene in un posto a lui più congeniale…
Ecco che quindi quando una squadra va male oppure supera le aspettative, non basta solamente dire “ha solo dei fenomeni” piuttosto che “ha solo dei brocchi”, ma bisogna ampliare la prospettiva arrivando a discutere anche se la ricetta usata sia quella più corretta, se i prodotti erano giusti per quello che si voleva cucinare e se gli standard del locale sono congrui con quello che si voleva realizzare.
Calcio e ristorazione secondo me possono essere messi in parallelo. Se il ristorante funziona male (o bene), a volte non è solo per le materie prime, e quindi bisogna analizzare bene tutto prima di poter capire cosa stia realmente andando male (o bene). Lo stesso avviene in una squadra di calcio.