Il costante dubbio dei tifosi, nei confronti di alcuni giocatori che trovano meno spazio di altri e le conseguenti critiche ai relativi tecnici e dirigenti, mi hanno sempre riportano alla mente l’esperimento di fisica quantistica di Erwin Schrödinger. Sto esagerando? Forse si, ma vorrei cercare di spiegare il mio punto di vista.
A seguito dell’arrivo di un nuovo giocatore in squadra, e del suo eventuale scarso utilizzo, iniziano le speculazioni, per non dire le critiche sulla sua gestione o direttamente sul giocatore. Alcuni tifosi e giornalisti iniziano a suggerire che non sia ancora pronto, alcuni addirittura che in realtà non è all’altezza del compito, mentre alcuni, addossano la colpa all’allenatore. Anche se magari nessuno consoce bene il giocatore. Non è così?
In effetti, per quello che sanno la maggior parte degli esterni al “gruppo squadra”, il giocatore potrebbe essere pronto, o meno, potrebbe essere forte o meno, ma fino a quando non scenderà in campo, non si potrà sciogliere questo dubbio. Ed ecco perché, con estrema approssimazione, mi viene in mente il mondo dei quanti e di Erwin Schrödinger.
I quanti e il gatto di Schrödinger
Nella teoria dei quanti, una particella elementare possiede la capacità di collocarsi in diverse posizioni e anche di essere dotata di quantità di energia diverse al medesimo istante. Un po’ come il nostro calciatore citato poc’anzi, che potrebbe essere pronto o meno.
In nostro aiuto viene Erwin Schrödinger, fisico e matematico che diede un importante contributo nel campo della meccanica quantica attraverso il suo famoso esperimento/paradosso:
«Si rinchiuda un gatto in una scatola d’acciaio insieme alla seguente macchina infernale (che occorre proteggere dalla possibilità d’essere afferrata direttamente dal gatto): in un contatore Geiger si trova una minuscola porzione di sostanza radioattiva, così poca che nel corso di un’ora forse uno dei suoi atomi si disintegrerà, ma anche, in modo parimenti probabile, nessuno; se l’evento si verifica il contatore lo segnala e aziona un relais di un martelletto che rompe una fiala con del cianuro. Dopo avere lasciato indisturbato questo intero sistema per un’ora, si direbbe che il gatto è ancora vivo se nel frattempo nessun atomo si fosse disintegrato, mentre la prima disintegrazione atomica lo avrebbe avvelenato. La funzione dell’intero sistema porta ad affermare che in essa il gatto vivo e il gatto morto non sono degli stati puri, ma miscelati con uguale peso».
In breve, e semplificando in maniera estrema, fino a quando l’atomo non si disintegra, il gatto sarà vivo. Ma l’atomo può essere ancora integro, così come già disintegrato, in qualunque momento. E di conseguenza il gatto può essere ritenuto sia vivo che morto.
Per avere una risposta definitiva, serve l’osservazione diretta della situazione, cioè è necessario aprire la scatola per vedere se il gatto è ancora vivo o meno.
Il gatto di Schrödinger come il nuovo giocatore
Ritornando all’ambito calcistico possiamo paragonare, ricordandoci di fare le dovute proporzioni tra le due differenti situazioni, il nostro nuovo calciatore appena arrivato in squadra e il gatto dell’esperimento di Schrödinger.
Il nostro giocatore, neo acquisto o ragazzo del settore giovanile che sia, non sta trovando spazio e secondo i tifosi potrebbe essere un buon giocatore, oppure un bidone. E finchè l’allenatore non lo schiererà in campo, potrebbe essere entrambi, così come l’atomo che disgregandosi o meno, potrebbe lasciare in vita o meno il gatto dell’esperimento.
Il nostro calciatore, da un certo punto di vista sta vivendo in modo quantico. Può essere schiappa o fenomeno, all’altezza o meno.
La “scatola” Schrödinger aperta a ogni allenamento
Erwin Schrödinger ci insegna quindi che da un certo punto di vista i tifosi hanno ragione a voler vedere in campo il giocatore, perché solamente l’osservazione diretta può determinare quale sia il verdetto, o lo “stato quantico” del calciatore in questione.
Ma al contrario del gatto del fisico, il nostro atleta non vive rinchiuso all’interno di una scatola e a valutarne le capacità, lo stato di forma, e quindi il suo eventuale utilizzo in partita, ci sono un allenatore e il suo intero staff.
L’osservazione quotidiana del giocatore fa si che quindi lo “stato quantico” del calciatore sia costantemente monitorato. Certo, ci sono numerose altre variabili che entrano in campo in queste decisioni, come gli avversari, i compagni di squadra, l’eventuale schema di gioco, la necessità, eccetera. Però l’osservazione nel nostro caso è costante.
Al netto di simpatie o antipatie, sempre possibili ma che non si confanno ad un ambito professionale, bisogna presumere che l’allenatore stia facendo la scelta corretta. O almeno quella che lui ritiene tale.
E così il tifoso (o il giornalista) deve fidarsi delle valutazione del tecnico e del suo staff, che aprono virtualmente la scatola in cui è inserito il gatto ogni giorno, e che hanno la competenza per prendere certe decisioni. Bisogna aspettare ed avere fiducia, o quantomeno parlare dopo essere stati presenti a tutti gli allenamenti ed amichevoli per poter parlare a ragion veduta.
Se questo parallelo tra calcio e scienza non vi è sembrato troppo assurdo, potete leggere anche quello sul camaleonte e l’allenatore di calcio…