Petra è uno dei siti archeologici che più mi abbia impressionato. Sicuramente ne ho visti altri altrettanto belli e ammetto che siano altri i miei preferiti in assoluto, però quello giordano è un sito che mi è rimasto dentro per un motivo particolare.
Non sono un grande viaggiatore, ma in un periodo della mia vita, ho avuto la fortuna di vedere vari posti in cui fortunatamente mi sono sempre riuscito a trovare molto bene. La Giordania, e questo va detto, è uno di quei paesi in cui in generale mi sono trovato meglio, per cibo, ospitalità, qualità dell’offerta culturale, eccetera.
Emozione di esserci, ma la globalizzazione colpisce anche la sorpresa
In quest’epoca globalizzata in cui è sempre più facile avere accesso fotografie e video dei posti più lontani e affascinanti del mondo però, mi sono trovato a volte a non riuscire a sorprendermi davanti ad alcune cose, perché ormai questa sovresposizione delle bellezze del mondo, le rendono quasi “già viste” anche se non le si è viste dal vivo.
E così spesso mi è capitato di essere maggiormente sorpreso da cose sconosciute, e riuscire ad appassionarmi di più a piccoli dettagli o posti meno noti, piuttosto che dinnanzi a cose ritenute più maestose o importanti. Ad esempio, il Museo Soumaya di Città del Messico non è tra i posti suggeriti nei più comuni tour, ma è un museo davvero interessante.
L’idea del “già visto, mi è accaduto ad esempio in Messico, dopo aver desiderato per anni di poter vedere i siti Maya della penisola dello Yucatan, la cosa che mi ha colpito maggiormente è stata la distesa verde della foresta vista dalla cime delle piramidi piuttosto che le vestigia che avevo già potuto vedere tantissime volte.
Certo, l’emozione di trovarsi sul posto l’ho sempre provata, ma la sensazione prevalente è spesso stata quella di osservare qualcosa di già visto e quindi di confermare semplicemente sul posto un’idea che già mi ero fatto precedentemente da foto e video.
Questo è accaduto spesso, ma non sempre. Una delle volte in cui la meraviglia e la sorpresa sono state pari all’emozione di essere finalmente sul posto, è stato quando sono entrato nel sito di Petra, in Giordania.
Petra, “La Variopinta” capitale dei Nabatei
Facciamo un passo indietro. Petra è il nome greco del sito archeologico giordano che si trova a circa 250 km a sud dalla capitale Amman. E’ Patrimonio dell’umaintà dell’UNESCO dal dicembre del 1985 ed è uno dei siti più famosi del mondo, dichiarato nel 2007 una delle sette meraviglie del mondo moderno.
Grande snodo commerciale tra la penisola arabica e il Mediterraneo, venne fondata dagli Edomiti, per poi diventare capitale dei Nabatei e quindi diventare poi città romana, è stata riscoperta in epoca moderna dallo svizzero Johann Ludwig Burckhardt, ma i beduini non l’avevano mai abbandonata.
Petra, come quasi tutti possono riuscire a capire, significa roccia in greco, mentre il nome semitico era Reqem, che vuole dire “la variopinta”. Entrambi i nomi sono azzeccatissimi. Chiunque abbia visitato il sito, non potrà non aver notato sia la pietra, sia il colore che questa assume in alcuni punti, al giorno d’oggi soprattutto all’interno degli edifici scavati nelle montagne.
L’ingresso a Petra. Il Sîq ed El Khasneh
Ebbene, il sito è estremamente pittoresco e molto affascinante. La città, soprattutto con resti romani, si apre in uno slargo circondato da montagne e se l’entrata al sito avvenisse in questo punto, l’effetto sorpresa sarebbe forse quasi del tutto azzerato. Ma l’ingresso al sito, è invece il Sîq, un canyon lungo circa 1,5 km e profondo fino a 200 metri, che si apre di colpo sullo slargo davanti a cui è stato scavato El Khasneh, il Tesoro. L’edificio più famoso ed iconico di Petra. Come potete vedere dalle due foto che ho scattato nel 2010, l’effetto è davvero scenico.
L’importanza del Sîq di Petra
Il Sîq non è solamente il passaggio ideale per rendere scenografico e d’effetto l’arrivo nel cuore del sito, non è solo la strada per rendere più emozionante la scoperta del Khasneh, è anche un modo per scoprire meglio Petra, ed il consiglio, potendolo fare, è quello di attraversarlo a piedi.
Già nella lunga passeggiata all’interno del Sîq si inizia a capire perché Petra una volta venisse chiamata “Variopinta”, ma soprattutto si può ammirare il modo con cui una città in mezzo alle montagne, in una zona da sempre arida, abbia potuto prosperare e fosse uno snodo commerciale.
Lunghe canalizzazioni vanno a captare ogni goccia d’acqua già dal Sîq stesso, per farla poi andare a condensare nelle cisterne della città. E’ quindi un modo per avvicinarsi maggiormente alla comprensione del sito archeologico. Ed è anche indubbiamente un modo per iniziare a farsi un’idea di quello che verrà visto da li a poco, senza dover restare in piedi sotto il sole cocente, cosa che a Petra non è certo secondario.
Tornando al motivo di questo breve racconto, Petra è uno di quei posti di cui avevo già conoscevo la bellezza e il potenziale (chi non ha visto anche solo “Indiana Jones e l’ultima Crociata”?) ma che mi ha fatto sgranare gli occhi. Compiere l’ultima svolta del Sîq di mattina presto, uscendo dal canyon tra le ombre e vedersi comparire davanti lentamente el Khasneh è un qualcosa a cui difficilmente si è realmente preparati. Anche dopo averlo visto in foto, anche dopo averlo visto in video.
Si arriva a Petra, e ci si emoziona.