Lo sport, ma più in generale i grandi eventi che coinvolgono migliaia di spettatori e che hanno alla loro base grandi emozioni e sentimenti, hanno la possibilità di sfociare in atti di violenza, laddove gli animi si vadano a scaldare in modo eccessivo e non sia garantita in modo efficace la sicurezza pubblica.
Derivano da qui regolamenti speciali, obblighi a volte davvero assurdi, e una costante presenza di forze dell’ordine e di preposti al controllo della sicurezza nei luoghi di assembramento in cui vengano poi disputate partite ed eventi di varia natura, che in realtà dovrebbero essere un mero svago e passatempo, o per dirla tutta, un divertimento.
Nel passato, ma purtroppo a volte accade ancora oggi, il tifo per un colore o per l’altro diveniva il pretesto dietro cui si celavano interessi e motivazioni ben diverse dal semplice campanilismo sportivo. Motivazioni che andavano ad aumentare la carica di tensione e di conseguenza la possibilità di far scoppiare una rissa, o peggio ancora, un vero e proprio tumulto.
L’affresco della zuffa tra Pompeiani e Nocerini conservato al MANN
Il primo evento largamente documentato di scontri nati all’interno di un luogo in cui si tenevano spettacoli “sportivi”, ci arriva da Pompei, la città romana seppellita sotto le ceneri del Vesuvio. Si parla di una rissa tra pompeiani e nocerini di dimensioni colossali scoppiata a margine di un evento di gladiatori, uno spettacolo che sebbene nulla centri con il calcio, possiamo assimilare al gioco più seguito del mondo per via della passione e della forte presenza di pubblico che attirava.
L’immagine di apertura è proprio un affresco ritrovato a Pompei nella casa di Actius Anicetus, iconicamente nota anche come “Casa della rissa nell’anfiteatro”, che ricorda proprio quell’evento. L’affresco, denominato “Zuffa tra pompeiani e nocerini”, è conservato al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN).
E’ ben visibile a tutti l’anfiteatro della cittadina, attorno a cui vi sono altri edifici e giardini. In ogni punto della città ritratta dall’artista, vi sono persone intente a picchiasi. Il fatto che l’evento sia stato riprodotto in un affresco di una casa popolare, significa che fosse qualcosa di davvero molto noto e conosciuto.
Ad avvalorare questa tesi, c’è anche un fregio ritrovato nella cosiddetta Casa dei Dioscuri, che censura quella scellerata violenza con le parole: «O Campani, siete morti insieme ai Nocerini in quella vittoria». Pompeiani e nocerini sono morti in quel tumulto, in una giornata che doveva essere di festa.
La zuffa tra Pompeiani e Nocerini
Ma cosa avvenne esattamente? Durante uno spettacolo di legionari, che aveva attirato nell’anfiteatro pomepiano sia i locali che i cittadini di Nocera, le due fazioni iniziarono a sfottersi, passando poi agli insulti più pesanti e finendo poi con accendere una rissa. Rissa che uscì dall’anfiteatro e che si allargò all’intera città di Pompei.
Fu un evento di proporzioni enormi, tanto che anche il famoso Tacito, ne parlò nei suoni Annali (libro XIV,17). Ecco cosa scrisse lo storico romano:
«A quel tempo una causa futile provocò un atroce massacro tra i coloni di Pompei e di Nocera durante un combattimento gladiatorio offerto da Livineio Regolo […]».
E continua lo storico:
«Dapprima i cittadini a turno s’insolentirono continuamente, poi scagliarono i sassi e infine ricorsero alle armi, prevalendo la gente di Pompei, presso cui si svolgeva lo spettacolo. Pertanto molti nocerini furono riportati in città col corpo mutilato dalle ferite, e in tanti piangevano la morte dei figli o dei genitori. L’indagine delle cause fu affidata da Nerone al Senato, che la rinviò ai Consoli. Riferita la relazione ai senatori, furono vietate ufficialmente queste riunioni per dieci anni e le associazioni, che avevano operato contro la legge, furono sciolte; Livineio e gli altri autori della sedizione furono condannati all’esilio».
Il “futile motivo” citato da Tacito come pretesto per la rissa, è il fatto che Nuceria Alfaterna (il nome di Nocera all’epoca) era diventata una colonia romana, crescendo di importanza e ricevendo nuovi terreni agricoli, proprio a discapito di Pompei.
Ecco quindi che durante questi giochi gladiatori, dai semplici apprezzamenti sulla lotta gladiatoria si è passati agli insulti di carattere territoriale e poi alla vera e propria guerriglia urbana (riportata in modo eccellente nell’affresco). Il tutto chiaramente non solo per motivi di tifo per un gladiatore o per l’altro. Ma peche pompeiani e nocerini volevano vennero sollecitati con questioni campanilistiche socio/economiche.
La rissa di Pompei: pene dure, ma non durature
Come si legge dalle parole di Tacito, la pena fu durissima: esilio per coloro i quali avevano pagato i giochi e fomentato in qualche modo la folla, scioglimento delle associazioni che avevano operato nei giochi e cessazione di spettacoli per 10 anni.
Altro che settore chiuso per una partita o un Daspo. Anche se va detto, che in questo caso la “responsabilità oggettiva” non era fumosa come nell’ambito calcistico attuale, visto che alcune persone furono accusate direttamente di aver fomentato la rissa, tramutatasi in tumulto.
Pene durissime. Che però, come accade molto spesso anche oggi, non saranno realmente rispettate. Non ci è dato sapere se gli organizzatori poterono tornare dall’esilio, né se le due compagnie gladiatorie poterono riprendere il loro lavoro, ma di certo la pena della città di Pompei venne ridotta drasticamente.
Gli scontri tra Pompeiani e Nocerini avvennero nel 59 d.C., sotto il dominio dell’Imperatore Nerone, e già nel 62 d.C. l’impianto era stato riaperto. Considerando il tempo impiegato dai Consoli per l’indagine sui fatti, si calcola che l’edificio rimase chiuso solamente due anni invece di dieci.
Il terremoto e la politica
Ma perché la pena venne ridotta? Le motivazioni sono sempre politiche, così come accadrebbe anche oggi, e sono sicuramente più di una.
Innanzitutto Pompei era la città natale di Poppea Sabina, moglie in quel momento dell’Imperatore Nerone, a cui viene attribuita la meravigliosa villa di Oplontis. Sicuramente bisogna quindi tenere in considerazione le pressioni che la donna avrà sicuramente fatto, spendendosi per il proprio territorio di provenienza. Cosa estremamente normale allora come oggi.
La seconda motivazione invece, che è certamente quella che ha avuto maggior peso nella decisione dell’Imperatore, è che nel 62 d.C. a Pompei ci fu un violento terremoto che danneggiò pesantemente la città. E quale poteva essere il modo migliore per mantenere calma e tranquilla la popolazione?
L’anfiteatro venne quindi restaurato e riaperto, in modo che la popolazione pompeiana potesse svagarsi ed allentare le tensioni dovute e possibili problemi legati al post-sisma, oltre che diminuire la pressione sulle autorità locali. Ricordate il motto “panem et circenses”?
Allora furono pompeiani e nocerini, oggi potrebbero essere altre persone, ma quasi certamente non si tratterà solo di gioco. Ed altrettanto certamente, le pene saranno sempre ragionate anche in termini politici. Come si suol dire, nulla di nuovo sotto il sole.