Anni fa, ho avuto la fortuna di trovare l’edizione edita da Sellerio de “Il villaggio di Stepànčikovo” di Fëdor Dostoevskij. Un romanzo che consiglio caldamente a tutti di cercare, in qualunque edizione possibile, e di leggere.
Quando si pensa agli scrittori russi c’è la falsa credenza che per forza si stia parlando di libri estremamente lunghi o in ogni caso particolarmente complessi e “pesanti”, per temi e scrittura. “Il villaggio di Stepànčikovo” di Fëdor Dostoevskij (noto anche come “Il villaggio di Stepànčikovo e i suoi abitanti”) non è uno di questi. Si parla in questo caso di un libro particolarmente vivace e divertente, che nasconde comunque una morale interessante che ai nostri giorni, con le dovute proporzioni e aggiustamenti, è ancora drammaticamente attuale.
Ho conosciuto quest’opera in teatro, e non a caso Dostoevskij la pensò proprio come tale nel momento in cui decise di realizzarla, e da lì, folgorato dalla bella serata, ho deciso di leggere anche il libro che non è certamente stato da meno.
Non a caso, in seconda di copertina, sono riportate le parole che lo stesso scrittore russo scrisse al fratello e che raccontano cosa pensasse Dostoesvkij de “Il villaggio di Stepànčikovo: «Questo romanzo, certo, ha gravissimi difetti […] ma io sono convinto, come di un assioma, che esso abbia grandi pregi e che sia la mia migliore opera».
Non possiamo che condividere. Forse non sarà la sua migliore opera, ma senza dubbio ha un posto di primo piano, sia per la splendida caratterizzazione dei personaggi, sia perchè ancora oggi possiamo trovare quegli stessi personaggi, ed adattarli al nostro quotidiano. Non sono quindi solo caratteristiche russe, come lo scrittore credeva, ma sono dell’umanità in generale.
La trama de “Il villaggio di Stepànčikovo”
Ma di cosa parla“Il villaggio di Stepànčikovo”? Come detto prima, non è una lettura particolarmente impegnativa, è infatti un romanzo umoristico che inquadra uno spaccato della società dell’epoca ed alcuni personaggi caratteristici.
La quiete di Stepànčikovo è parzialmente rovinata da due situazioni che si verificano grosso modo in contemporanea: il possidente del villaggio e dei terreni vicini Egòr Il’ìč, si è innamorato della sua giovane domestica Nàsten’ka, ed alla tenuta arriva, inviatato dallo zio Il’ìč, il giovane Sergèj Aleksandrovič, che è anche la voce narrante del romanzo.
Giunto al villaggio di Stepànčikovo, Sergèj trova una situazione al limite dell’assurdo. La madre dello zio, le sue dame di compagnia e amiche, l’intero villaggio e lo zio stesso, sono quasi completamente soggiogati dal potere delle parole di Fomà Fomìč, un uomo senza arte né parte, che agli occhi di Sergèj appare per quello che è: un parassita senza troppa cultura. Purtroppo però per l’intero villaggio invece appare un erudito, compente in quasi tutto lo scibile umano.
L’intromissione di Fomà Fomìč nella storia d’amore tra Egòr Il’ìč e Nàsten’ka, e l’aiuto di Sergèj, faranno aprire gli occhi al ricco possidente che lentamente si ribellerà fino ad allontanare dalla propria casa Fomà Fomìč, che nel frattempo giustifica le pressioni per fare sposare Il’ìč con una nobile con qualche problema mentale, come mera volontà di essere paladino morale della comunità.
Ma la storia a volte gioca brutti scherzi, e tra continui colpi di scena Egòr Il’ìč e Nàsten’ka riusciranno a trovare un modo per sposarsi solamente riprendendo sotto il proprio tetto lo “scroccone” da cui la comunità si era appena riuscita ad affrancare.
Il deux ex machina di Stepànčikovo: Fomà Fomìč
Il personaggio chiave è Fomà Fomìč, un cinico parassita che pur disprezzando i beni materiali, vive dell’ospitalità altrui senza farsi mancare nessuna delle comodità che tanto dice di non volere. L’uomo ripaga il proprio ospite con consigli e filosofia, spacciandosi per un erudito saggio e magnanimo. In verità la sua figura si mostra come quella dei un cinico e caricaturale parassita, bisognoso di essere al centro dell’attenzione.
Personaggio che purtroppo, al giorno d’oggi, con le dovute proporzioni ed accomodamenti, è ancora di gran lunga di moda. Forse non si farà ospitare in casa altrui, ma il disinteresse verso cose che in realtà gli interessano, l’essere “tuttologo”, come diremmo oggi, e il trasformismo, sono pratiche ben note anche nell’attualità.